La motricità infantile, nello specifico quella dai 0 ai 6 anni, rappresenta una risorsa, in termine di salute e prevenzione, per nulla sfruttata nel nostro paese. Tale evidente mancanza si nota già nei concetti base. L’approccio teorico-pratico, in tale ambito, è legato ancora a concetti quali la teoria Maturazionale di Gesell in cui viene delegato “tutto” al nostro patrimonio genetico. La scienza già dagli anni ’90 ha sconfessato tale convinzione a vantaggio di un approccio più individualista in cui il bambino si sviluppa in relazione al/ai contesto/i in cui vive (Teoria ecologica dello sviluppo di Brofenbrenner). Queste evidenze scientifiche non hanno fatto altro che giustificare come l’ambiente socio-culturale, in cui sono immersi i bambini, l’ambiente fisico e le esperienze danno stimoli specifici e vari permettendo l’acquisizione di diversi motor skills anche per tempistiche d’acquisizione. Basti pensare che in Africa i bambini camminano già a 8 mesi mentre in Bolivia la deambulazione si consolida a 23 mesi in media.
Noi occidentali ci distinguiamo per la grande attenzione volta allo sviluppo cognitivo a svantaggio di quello motorio come a dimostrarne, purtroppo, la poca considerazione in ambito socio-educativo. Tutta questa “mancanza di movimento”, associata a diete ipercaloriche e ad un elevato utilizzo di televisione/computer, pone, inevitabilmente, le basi per problematiche di salute più complesse e importanti. Si inizia con la sedentarietà per arrivare all’obesità infantile e alle possibili patologie correlate (diabete e osteoartrite, cancro al colon, seno ed endometrio, patologie cardiocircolatorie).
L’ O.M.S. in questo senso si è espressa bene definendo l’obesità un’epidemia che ha colpito 42 milioni di bambini sotto i 5 anni. Numeri allarmanti di cui un’alta percentuale si trova in occidente con il rischio, a lungo termine, che tale condizione tenda a mantenersi fino all’età adulta generando ovvi effetti negativi sia per lo stato di salute individuale (2,6 milioni di persone muoiono per cause legate al sovrappeso e all’obesità) che per i sistemi di assistenza previdenziale. Per questo la lotta all’obesità è sovrapponibile alla lotta alla sedentarietà, cosa che trova la sua più significativa e primaria espressione nella promozione della motricità 0-6 anni. L’O.M.S. e le maggiori organizzazioni internazionali raccomandano almeno 60 minuti al giorni di attività motoria strutturata vigorosa e intensa e 60 minuti al giorno di gioco libero minimo 1 ora (meglio 2). In Italia questo messaggio, se pur riconosciuto nella sua intima importanza, non è stato “praticamente” recepito durante la realizzazione del curriculo per le scuole dell’infanzia. Tant’è che questa incongruenza tra “quanto viene fatto” e “quanto dovrebbe essere fatto” si nota già dagli spazi assenti ( o quasi) che le nostre scuole dedicano alla motricità infantile (soprattutto all’aperto) e anche dal comportamento degli educatori che spesso si concretizza in azioni di accudimenti e accoglienza piuttosto che di sviluppo e promozione della motricità di ciascun bambino. Questa situazione, soprattutto in Italia, può trovare i miglioramenti necessari attraverso una nuova consapevolezza didattico-professionale che rispetti approcci teorico-pratici, esclusivamente, su base scientifica (evidence based). Fondamentalmente si tratta di offrire proposte di gioco a “misura di bambino” nel rispetto del livello individuale di sviluppo psico-fisico, di incoraggiare lo sviluppo delle capacità motorie fondamentali (manualità, mobilità e equilibrio), di rispettare il concetto di “zona di sviluppo prossimale”, di privilegiare approcci strutturati e mediati dagli insegnanti, far si che siano proposte stimolanti e con difficoltà incrementabili e modificabili velocemente (evita la noia e favorisce il continuo apprendimento) e in ultimo di porre attenzione anche allo sviluppo della forza, specialmente manuale. Tali primarie indicazioni determinerebbero degli effetti a cascata nello sviluppo psico-motorio del bambino. Si spazia dal potenziamento di alcune funzioni esecutive, utili al successo scolastico, per arrivare al miglioramento della socialità e allo sviluppo della Theory of Mind (capacità del bambino di comprendere che le azioni degli altri sono guidate da intenzioni). Non meno importanti sono la persistenza temporale delle capacità motorie acquisite durante l’infanzia ( anche a distanza di 10 anni) e il condizionamento alla pratica sportiva anche in età adulta nonché all’affinamento della capacità di prevedere rischi e pericoli. Quanto appena elencato trova il suo naturale completamento in una più mirata attenzione all’alimentazione casomai promuovendo alternative al consueto, sia per praticità che per efficacia, come il “monopiatto”.
DE MARTINO Christian (S.M.,M.F.T., I.S.S.A.)
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